Cappotto termico, come devono essere suddivise le spese in condominio

Anche i negozi al piano terra devono contribuire alle spese del cappotto termico. La sentenza della Corte di Appello di Venezia.

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Quali sono i soggetti tenuti a partecipare alle spese di installazione di un cappotto termico? Il manufatto costituisce a tutti gli effetti una parte integrante dei muri perimetrali. Entra, quindi, a far parte della composizione architettonica dell’immobile. Spesso e volentieri, però, i proprietari dei negozi con vetrine al piano terra cercano di evitare di partecipare alle spese per la sua installazione.

Cosa prevede la legge in questo senso? Chi deve partecipare alle spese di installazione del cappotto termico? Alcuni chiarimenti in questo senso sono arrivati con la sentenza n. 858 del 3 maggio 2024 emessa dalla Corte di Appello di Venezia

Ma cerchiamo di capire a chi spetti pagare questi costi e come debbano essere suddivisi tra i proprietari in un condominio.

Cappotto termico, chi deve sostenere le spese

Chi deve sostenere le spese per l’installazione di un cappotto termico? A fare il punto della situazione ci ha pensato la Corte di Appello di Venezia, che ha deliberato su un caso ben preciso. A seguito dell’approvazione di una delibera in un condominio venivano approvate le seguenti voci:

  • rendiconto consuntivo;
  • bilancio dei lavori di manutenzione straordinaria;
  • ripartizione delle spese straordinarie.

Nella voce spese straordinarie erano contenute quelle relative all’installazione del cosiddetto cappotto termico dal primo al terzo piano.

Partendo da questa decisione il condominio procedeva a richiedere e ad ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio, che risultava essere titolare di un negozio con vetrina al piano terra.

Il soggetto in questione decide, a questo punto, di opporsi al decreto e fa notare che è proprietario di un’unità immobiliare collocata al piano terra, che non ha ottenuto alcun beneficio dall’installazione del cappotto termico. Il condomino sosteneva, infatti, che la delibera sulla quale si basava il decreto di ingiunzione di pagamento doveva essere ritenuta nulla, perché erano stati violati i criteri previsti dall’articolo 1123 del Codice Civile. Non era stata, in estrema sintesi, ottenuta l’unanimità necessaria.

Ma il Tribunale decideva di rigettare l’opposizione.

La delibera non era stata impugnata

Il giudice ha fatto notare che la delibera contestata non è stata impugnata dagli opponenti. Doveva, quindi, essere ritenuta annullabile e non nulla: il condomino, infatti, contestava la legittimità dei criteri adottati per la ripartizione delle spese relative al cappotto termico. Quindi a finire sotto la lente d’ingrandimento c’era un unico caso nel quale venivano suddivisi i costi tra i proprietari delle unità immobiliari. Ad ogni modo la delibera non era stata impugnata, facendola diventare vincolante per tutti i condomini. Quindi anche per il proprietario del negozio.

Quest’ultimo decide, quindi, di rivolgersi alla Corte d’Appello. In questa sede ha sostenuto che le somme richieste erano ritenute eccessive a quelle che erano state preventivate in un primo momento per i lavori straordinari. Il proprietario del negozio, inoltre, faceva notare che il criterio di ripartizione delle spese fosse quello previsto al comma 3 dell’articolo 1123 del Codice Civile: l’installazione del cappotto termico non avrebbe comportato alcuna utilità alle unità site al piano terra. Quindi i costi non dovevano essere addebitati a questi soggetti.

Ma anche la Corte d’Appello ha dato torto al titolare del negozio.

Cappotto termico, perché devono pagare tutti

Quali sono i motivi che hanno determinato questa decisione? I giudici hanno ribadito le parole del CTU, sottolineando che il cappotto termico costituisce:

parte integrante dei muri maestri e delle facciate del fabbricato […] è presente non solo sulle facciate dei piani dal 1° al 3° ma anche al piano terra, infatti anche le colonne sporgenti presenti su tutta l’altezza del fabbricato sono rivestite con il c.d. cappotto.

Sostanzialmente le contestazioni hanno riguardato la ripartizione delle spese condominiali, che potrebbero portare all’annullabilità della delibera, che non è stata mai impugnata. La Corte di Appello ha ritenuto pienamente condivisibile il punto di vista espresso dal giudice di primo grado e ha ritenuto inammissibile quanto dedotto dal negoziante perché era decorso il termine perentorio dei 30 giorni previsti dall’articolo 1135, comma 2, del Codice Civile.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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