Superbonus, per la cessione dei crediti la buona fede non basta

La buona fede, nel momento in cui si acquistano dei crediti generati dal Superbonus, non basta per evitarne il sequestro.

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Nel 2024 il Superbonus ha sostanzialmente cambiato volto, diventando meno appetibile per quanti vi volessero accedere. A tenere banco, nonostante tutto, è il sequestro dei crediti legati a questa agevolazione fiscale, che continuano a creare dei contenziosi con il passare del tempo.

Ad intervenire nuovamente sulla cessione dei crediti scaturiti dal Superbonus è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3108/2024. Davanti ai giudici, questa volta, è finito il caso di un cessionario che ha acquistato in buona fede il credito, subendone, però, il sequestro. Il beneficiario originario, infatti, aveva frodato il fisco, riuscendo ad ottenere il Superbonus anche se non ne aveva diritto.

Superbonus: il sequestro dei crediti

Ma partiamo dall’inizio e cerchiamo di capire cosa sia accaduto. La Corte di Cassazione ha dovuto intervenire su un caso legato ad un’accusa di truffa legata al Superbonus. La vicenda ha coinvolto una serie di soggetti, che sono riusciti ad ottenere l’agevolazione senza aver eseguito gli interventi dichiarati. L’operazione sarebbe avvenuta attraverso una falsa asseverazione e grazie ad alcune fatturazioni emesse con gli sconti previsti dal Superbonus. Con la successiva cessione del credito i responsabili di questa truffa sono riusciti a monetizzare l’operazione.

Ad acquistare i crediti è stata una banca, che ha sottolineato di non essere in alcun modo coinvolta nell’operazione fraudolenta. L’articolo 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (noto anche come Decreto Rilancio) specifica espressamente che il cessionario risulta essere responsabile unicamente dell’utilizzo irregolare del credito. O, al massimo, di concorso nella violazione.

 La tesi della banca è stata bocciata dal Tribunale del riesame ed ha provveduto a sequestrare i crediti. A questo punto l’istituto di credito ha deciso di presentare un ricorso direttamente in Cassazione. Anche in questa sede ha ribadito di aver acquistato i crediti in buona fede.

Il sequestro è confermato

La linea non è cambiata nemmeno davanti ai giudici della Suprema Corte, che hanno sostanzialmente ribadito il concetto che è emerso in più occasioni nei contenziosi sul sequestro dei crediti Superbonus. Anche quando l’acquirente acquista i crediti derivanti dal Superbonus in buona fede non può evitare il sequestro, perché deve essere inibita la circolazione dei crediti legati ad operazioni fraudolente.

Pur confermando che l’articolo 121, comma 4 del Decreto Legge n. 34/2020 prevede che i cessionari rispondono unicamente dell’utilizzo irregolare del credito d’imposta, la Suprema Corte ha spiegato che queste disposizioni

non introducono una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo. Il vincolo impeditivo, infatti, implica soltanto l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore.

Perché intervenga il sequestro impeditivo è sufficiente che ci sia un collegamento indiretto tra il crimine commesso ed il credito

Secondo i giudici i crediti, che sono stati sequestrati alla banca, devono essere considerati pertinenti alla truffa. Non è possibile accettare la tesi secondo la quale il beneficiario del Superbonus, nel momento in cui li ha ceduti, ha rinunciato al suo diritto alla detrazione. E che, il cessionario, a questo punto, ha maturato il titolo originario.

In altre parole, nel momento in cui si procede con la cessione del credito, non viene estinto il diritto alla detrazione. Il successivo acquisto non determina la nascita di un nuovo diritto

La logica conseguenza di tutto questo è che possono essere sequestrati anche i crediti acquistati in buona fede. 

Le conseguenze della sentenza

Cosa comporta questa presa di posizione della Corte di Cassazione?

Un soggetto che abbia intenzione di acquistare dei crediti fiscali da terzi, a questo punto, dovrà affidare ad un professionista il compito di valutare l’effettiva presenza dei crediti fiscali del cedente. Sarà necessario, soprattutto, comprendere l’effettiva natura dell’intervento che li ha generati.

Nel caso in cui i lavori non dovessero essere noti – perché se ne è avuta notizia dalle piattaforme di interscambio – il cessionario dovrà rivolgersi ad un tecnico, che dovrà analizzare la documentazione. E soprattutto verificarne la correttezza e la completezza.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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