Condono edilizio, quando il parere della Soprintendenza è vincolante

Per il condono edilizio il parere della Soprintendenza è vincolante quando i manufatti sono collocati in aree tutelate. Vi deve sottostare anche il Comune.

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Sono illegittimi il diniego dell’autorizzazione paesaggistica e il relativo stop al condono edilizio per gli immobili situati in una zona vincolata quando manca il parte della Soprintendenza. Che si deve esprimere in maniera definitiva e vincolante. 

Ad intervenire su questo importante punto è il TAR della Toscana, con una recente sentenza. Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo cosa è stato deciso.

Condono edilizio, il ricorso

Il Tar Toscana, con la sentenza n. 784 del 26 giugno 2024, ha accolto il ricorso per annullare il diniego di autorizzazione paesaggistica e il conseguente stop all’istanza di condono edilizio che è stata presentata ai sensi della Legge n. 47/1985. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire quanto sia importante la corretta scansione procedimentale degli uffici della Pubblica Amministrazione.

La questione finita sul tavolo dei giudici toscani riguarda una richiesta di condono ai sensi dell’ex Legge n. 47/1985, anche noto come Primo Condono Edilizio. L’istanza riguardava una locale utilizzato per il rimessaggio delle barche, che è ubicato all’interno di una zona tutelata ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (nello specifico dalla terza parte). In un primo momento la commissione comunale si era espressa in maniera favorevole. Aveva preteso, ad ogni modo, che venissero eliminati dei materiali non consoni con l’ambiente e, successivamente, aveva provveduto a trasmettere la documentazione alla Soprintendenza perché potesse rilasciare il relativo parere vincolante ai sensi dell’articolo 146, comma 7, Dlgs n. 42/2004.

Gli uffici della Soprintendenza comunicano il preavviso di rigetto: l’intervento risultava essere in contrasto con le esigenze di tutela del vincolo paesaggistico. Il ricorrente, a questo punto, ha deciso di presentare una serie di osservazioni.

Il Comune decide di adottare in maniera autonoma un provvedimento di non autorizzazione paesaggistica. Il passo successivo è stato quello di negare il condono edilizio e di ordinare la demolizione del manufatto. Il Comune decideva di adottare questi provvedimenti dopo aver constatato che la Soprintendenza non aveva concluso il procedimento emanando un provvedimento negativo definitivo.

Il punto di vista del ricorrente

Il diniego di autorizzazione paesaggistica risulterebbe illegittimo: questo, in estrema sintesi, è il parere del ricorrente. Il provvedimento adottato dal Comune non si basa su un parere definitivo reso dalla Soprintendenza, ma sua una semplice comunicazione che è stata resa sulla base dell’ex articolo 10 bis della Legge sul Procedimento Amministrativo. La comunicazione rendeva semplicemente noti i motivi che si ponevano ad ostacolo per ottenere l’autorizzazione.

L’istante, inoltre, aveva presentato una serie di osservazioni, sulle quali la Soprintendenza si sarebbe dovuta basare per concludere il procedimento fornendo un parere definitivo. Senza questo il Comune non aveva motivo per concludere il provvedimento in maniera definitiva negando l’autorizzazione paesaggistica. Una decisione che determina il rifiuto del condono edilizio e fa sì che venga emessa un’ingiunzione alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.

Condono edilizio, per il diniego serve la Soprintendenza

La tesi è stata sostanzialmente condivisa dal Tar, che ha richiamato quanto previsto dall’articolo 32 della Legge n. 47/85 sul condono edilizio. La normativa prevede, almeno per quanto riguarda le opere costruite nelle aree sottoposte a vincolo, che:

  • il titolo abilitativo edilizio rilasciato in sanatoria sia subordinato al parere favorevole alle amministrazioni che sono preposte alla tutela del vincolo stesso;
  • nel caso in cui il suddetto parere non venga formulato entro 180 giorni dalla data in cui è stato ricevuta la richiesta di parere, il richiedente ha diritto ad impugnare il silenzio rifiuto.

La normativa, a questo punto, prevede che:

  • il privato abbia la possibilità di impugnare il silenzio inadempimento dell’amministrazione preposta a tutelare il vincolo paesaggistico, nel caso in cui la stessa non abbia fornito il parere entro il termine previsto per concludere l’iter amministrativo;
  • non permette all’amministrazione comunale di concludere negativamente il procedimento di autorizzazione necessario per concedere il condono edilizio prima che gli uffici responsabili della tutela del vincolo si esprimano.

Condono edilizio, quando il parere è vincolante

Il Tar Toscana, sostanzialmente, si mette sulla scia della giurisprudenza amministrativa, che, in più occasioni, ha chiarito che la valutazione di compatibilità rispetto al vincolo insistente sull’area oggetto di intervento costituisce una condicio sine qua non della sanatoria. Il parere sfavorevole della Soprintendenza, a questo punto, è un atto dovuto e vincolante. 

La natura vincolante del suo parere fa sì che eventuali valutazioni espresse dall’amministrazione comunale non possano discostarsene.

Questo è il motivo per il quale il ricorso è stato accolto. Il provvedimento di rilascio del condono risulta essere subordinato al parere vincolante dell’amministrazione che deve tutelare l’area in cui insiste il bene.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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