Nel momento in cui ci si riferisce alla fiscalizzazione dell’abuso sul permesso di costruire annullato, generalmente, si pensa ad una particolare forma di concessione, il cui scopo fondamentale è quello di tutelare l’affidamento che un privato ripone nella legittimità di un titolo edilizio, il quale è stato in un primo momento rilasciato e poi annullato. La fiscalizzazione dell’abuso permette di legittimare, quindi, il relativo intervento edilizio.
È importante, però, che ai fini del riconoscimento dell’affidamento riposto da un privato nella legittimità del titolo che le opere vengano realizzate in conformità dello stesso. Non è, quindi, possibile ricorrere a questo istituto nel caso in cui un qualsiasi intervento presenti delle gravi difformità.
Ma cerchiamo di capire meglio ed entriamo nel dettaglio.
Come funziona la fiscalizzazione dell’abuso
A fare il punto della situazione è il Consiglio di Stato attraverso la sentenza n. 6039 dell’8 luglio 2024, che ha provveduto a rigettare un ricorso con il quale era stato chiesto l’annullamento dell’ordine di demolizione relativo ad alcuni interventi edilizi realizzati in difformità del titolo edilizio e degli strumenti urbanistici. Nel caso preso in esame il titolo edilizio era stato rilasciato e, in un secondo momento, annullato dal Comune con una motivazione ad esso imputabile.
Il ricorrente ritiene che, nel suo caso, sia applicabile la cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso ai sensi di quanto è stato previsto all’interno dell’articolo 38 del Testo Unico Edilizia che va a disciplinare gli Interventi eseguiti in base a permesso annullato.
Di parere diverso, però, sono i giudici di Palazzo Spada, che hanno sottolineato come la fiscalizzazione dell’abuso – consistente nella sostituzione della sanzione demolitoria con delle sanzioni pecuniarie – costituisca la sanatoria ordinaria ai sensi dell’articolo 36 del TUE. Questo è il motivo per il quale hanno richiesto che venga rispettata la conformità della disciplina urbanistica vigente all’epoca della realizzazione dell’intervento e quella in vigore nel momento in cui era stata presentata l’istanza di accertamento.
Nel caso in cui le opere non dovessero rispettare la doppia conformità non possono essere concesse né la sanatoria e nemmeno la fiscalizzazione.
Opere difformi, il permesso di costruire viene annullato
Il caso finito sul tavolo dei giudici presenta una particolarità: l’intervento non è stato ultimato rispettando la disciplina urbanistica. È, inoltre, difforme dal titolo edilizio che è stato rilasciato per autorizzare i lavori: a questo punto poco importa che sia stato annullato dal Comune e delle motivazioni che hanno portato l’amministrazione a prendere questa decisione.
Queste, sostanzialmente, sono le ragioni per le quali non è possibile appellarsi alla tutela dell’affido riposto dal privato nella legittimità del titolo edilizio. L’affidamento pone le proprie basi nel fatto che le opere siano state eseguite in conformità dello stesso.
I lavori al centro del caso riguardavano la realizzazione di un corpo di fabbrica nuovo e separato rispetto ad un immobile che esisteva già. La concessione edilizia, invece, aveva erroneamente autorizzato l’ampliamento del fabbricato e non un minimo ampliamento, che sarebbe dovuto essere stato eseguito nel limite delle tolleranze costruttive.
I giudici di Palazzo Spada hanno sottolineato come le tolleranze costruttive non debbano essere circoscritte nelle minime divergenze che sono state realizzate nel corso della fase esecutiva e non risultano essere ravvisabili nella realizzazione di un nuovo e separato corpo di fabbrico non previsto, realizzato in completa e totale difformità dalla disciplina urbanistica.
Perché non si può ricorrere alla fiscalizzazione dell’abuso
Il nuovo manufatto è stato costruito ad una distanza inferiore rispetto a quella prevista dal progetto presentato. Sostanzialmente è stato violato quanto stabilito dal DM n. 1444/1968, attraverso il quale sono stati introdotti dei limiti inderogabili da non superare.
Nel progetto di variante, che è stato presentato, è stata omessa l’esistenza del secondo piano dell’immobile, dalle cui finestre doveva essere rispettata una distanza minima di dieci metri.
L’obiettivo, almeno secondo l’interpretazione dei giudici, era quello di far passare per un ampliamento dell’edificio esistente un nuovo corpo di fabbrica. Tra l’altro è stata realizzata una cubatura superiore – 4.422 mc – rispetto a quella che, almeno in via astratta, era permessa: 4.350 mc.
Nel caso preso in esame non può essere invocato il legittimo affidamento, dato che i fatti non sono stati rappresentati in modo veritiero. Non può nemmeno essere applicata la fiscalizzazione dell’abuso per opere in grave difformità sia del progetto che della disciplina urbanistica.
One thought on “Fiscalizzazione dell’abuso, quando non può essere concesso”