Ristrutturazione e nuova costruzione: quali sono le differenze a livello normativo

Distinguere tra ristrutturazione e nuova costruzione è molto importante, almeno a livello normativo. Questo permette di evitare delle pesanti conseguenze.

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Quali differenze intercorrono tra una ristrutturazione e una nuova costruzione? Il primo intervento sconfina nel secondo quando i lavori effettuati portano ad una variazione della sagoma e ad un aumento della superficie o del volume dell’immobile. Definire in maniera netta e precisa quando ci sia una ristrutturazione o una nuova costruzione è importante, perché quando si passa da un intervento all’altro le opere sono abusive se manca un permesso di costruire.

Sulla differenza tra i due interventi è tornato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 488 del 15 gennaio 2024, che si è dovuto esprimere su appello proposto contro un ordine di demolizione di opere abusive, che è stato respinto. Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo quali differenze ci sono.

Ristrutturazione edilizia e nuova costruzione: le differenze

Con la sentenza n. 488 del 15 gennaio 2024 il Consiglio di Stato è intervenuto su un tema delicato e spinoso: le differenze che intercorrono tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione. Il CdS ha respinto un appello che era stato proposto contro un ordine di demolizione di alcune opere abusive. I nuovi manufatti consistevano in una sopraelevazione di 500 metri quadrati e non di semplici lavori di manutenzione della copertura e di sostituzione di travi di legno e pilastri. Cosa che sostenevano i proprietari dell’immobile.

Nel tentativo di rimediare al sequestro del cantiere, i ricorrenti avevano presentato una SCIA tardiva ed avevano provveduto a pagare una sanzione amministrativa. Il tentativo di aggirare la normativa è caduto nel vuoto, perché il Comune ha emesso un ordine per demolire le opere per le quali sarebbe stato necessario chiedere il permesso di costruire ai sensi dell’ex articolo 10 del DPR n. 380/2001, il Testo Unico Edilizia.

A respingere il ricorso, in primo grado, ci aveva pensato il TAR, che aveva sostanzialmente specificato che la nuova sopraelevazione non si poteva configurare come un semplice intervento di manutenzione della copertura preesistente del piano mansardato.

I ricorrenti avevano sostenuto che i lavori erano stati qualificati come interventi di risanamento conservativo. O, al massimo, come una semplice ristrutturazione del fabbricato già esistente. E che, come tali, potevano essere sanati attraverso una SCIA postuma. Non consistevano, secondo la tesi dei ricorrenti, in una nuova costruzione realizzata senza il necessario titolo edilizio.

La presa di posizione del Consiglio di Stato

La sentenza di primo grado è stata confermata ufficialmente dal Consiglio di Stato. I giudici hanno sottolineato che è impossibile qualificare la costruzione di una sopraelevazione delle dimensioni di quella accertata (500 metri quadrati) come una semplice ristrutturazione. O come una banale opera di manutenzione della copertura già esistente.

Ristrutturazione e nuova costruzione: cosa sottolineano i giudici

I giudici, a questo punto, hanno ribadito che la ristrutturazione edilizia consiste in un intervento che modifica un immobile già esistente. Ma rispettandone le caratteristiche fondamentali. Nel momento in cui, lo stesso venga completamente trasformato, andando a creare un apprezzabile aumento volumetrico rispetto al volume complessivo del fabbricato si ha una nuova costruzione. Lo stesso discorso vale nel momento in cui il disegno sagomale viene modificato rispetto alla struttura originale, allungando, ad esempio le falde del tetto o sopraelevando la cassa scale. 

Questo significa, in altre parole, che nel caso preso in esame l’ordinanza di demolizione risulta essere legittima. Ha come oggetto, infatti, opere integranti una nuova costruzione, per le quali i proprietari avrebbero dovuto chiedere il permesso di costruire.

L’ordine di demolizione ha carattere vincolato

È importante sottolineare che l’ordine di demolizione ha una natura vincolata. Non necessità, per questo, di una previa comunicazione di avvio del procedimento. Questo è determinato dal fatto che l’eventuale partecipazione del privato al procedimento non determinerebbe, in alcun caso, un esito diverso.

Il Consiglio di Stato su questo argomento ha citato esplicitamente l’orientamento della giurisprudenza che ha rilevato che l’ordine di demolizione è atto vincolato e di carattere reale. Per questo motivo non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico e nemmeno una comparazione di questo con quelli privati coinvolti e sacrificabili. Non deve essere fornita una motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico concreto della demolizione. Questi principi, tra l’altro, sono stati espressi dall’Adunanza Plenaria n. 9/2017 e ribaditi di recente dall’Adunanza Plenaria n. 16/2023.

Pierpaolo Molinengo

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Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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