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L’articolo 3, comma 4 ter del testo unico sulle imposte di successione e donazioni dispone che “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del Codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta… Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata”.

La norma, benché accolta favorevolmente, presenta però alcune incertezze applicative che hanno, in alcuni casi, trovato chiarimenti nelle risposte ad interpello pubblicate dall’Amministrazione finanziaria, soprattutto negli ultimi anni.

Innanzitutto, per poter usufruire dell’agevolazione, è imprescindibile che il discendente o il coniuge acquisiscano il controllo della società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento, ai sensi dell’articolo 2359 c.c. (controllo di diritto).

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta ad interpello 257 del 2019, ha specificato che l’agevolazione trova applicazione anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di comproprietà, a condizione che, ai sensi dell’articolo 2347 c.c., i diritti dei comproprietari siano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.

Sempre relativamente alla condizione di applicabilità dell’agevolazione, l’amministrazione finanziaria si è nuovamente espressa nella risposta ad interpello n. 552 del 2021, stabilendo, questa volta, che “il controllo di diritto, pur potendo essere esercitato in via indiretta, deve sempre essere esercitato sulla società che esercita l’attività di impresa di famiglia. Escludendo l’applicazione del beneficio per i donatari/discendenti ai quali era stato trasferito il controllo di diritto di una holding socia di minoranza della società che esercitava l’attività d’impresa familiare”.

Ne consegue che, in caso di passaggio generazionale, la condizione per poter applicare la suddetta agevolazione è che il donatario sia il socio di maggioranza della società che esercita l’attività dell’impresa familiare.

Per quanto, invece, riguarda le società di persone e nel silenzio della legge riguardo i presupposti che debbano avere le quote, si deduce che l’agevolazione si applichi indipendentemente dalla percentuale della quota trasferita, a differenza delle società di capitali per cui è necessario un trasferimento che rappresenti o integri una partecipazione di maggioranza, e a prescindere dal ruolo ricoperto dal dante causa nell’attività sociale.

Nonostante la norma in esame sollevi ancora qualche dubbio interpretativo, che non deve essere sottovalutato se si vuole avere la certezza di non decadere dall’agevolazione ed incorrere in sanzioni, emerge il fatto che non sia destinata direttamente all’impresa ma ad agevolarne la continuità a favore dei discendenti nel momento del passaggio generazionale, garantendo la continuità aziendale.

Andreana Hedges

Autore

Andreana Hedges

Amministratore Geo Network e Responsabile Divisione Formazione e Marketing

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