Il condono edilizio non passa in caso di frazionamento artificioso

Arriva una secca bocciatura ad un condono edilizio chiesto a seguito di un frazionamento forzoso di un immobile. L’analisi di un caso specifico.

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A cosa è necessario stare attenti, nel momento in cui si presentano più istanze di condono che risultano essere riconducibili allo stesso immobile? Che le varie operazioni si possano configurare come frazionamento artificioso, il cui scopo sia quello di andare ad eludere i limiti volumetrici, che sono stati previsti dalla normativa.

Ma entriamo nel dettaglio ed analizziamo un caso specifico, che è sfociato nel diniego della sanatoria proprio per questo motivo.

Condono edilizio: stop al frazionamento artificioso

Il tentativo di effettuare un frazionamento artificioso non è sfuggito ad un’amministrazione comunale. Gli uffici preposti, infatti, hanno deciso di rigettare quattro istanze di condono relative ad altrettante unità immobiliari, che facevano parte dello stesso edificio. L’immobile, completamente abusivo, si sviluppa su una planimetria complessiva di oltre 1.900 metri cubi. Andando a violare, quindi, quanto previsto dalla Legge n. 326/2003 – ossia il Terzo Condono Edilizio – e la Legge Regionale Lazio n. 12/2004.

Proprio su uno dei provvedimenti emessi dal Comune è stato presentato un ricorso, che è stato respinto dal Tar del Lazio con la sentenza del n. 4983 del 12 marzo 2024. I giudici, sostanzialmente, hanno confermato la piena legittimità dell’operato e della decisione presa dal Comune.

Entrando nello specifico, l’amministrazione comunale aveva messo in evidenza che:

  • stando a quanto previsto dall’articolo 2, lettera (b) n. 1 e 2 della Legge Regionale n. 12/04 la sanatoria per le opere di nuova costruzione, che siano a destinazione esclusivamente residenziale, devono avere un volume inferiore a 900 mc nel caso di prima casa e 600 mc nel momento in cui non venga adibita a prima casa. Vi è poi un ulteriore limite, rispettivamente di 450 o 300 mc per ogni unità immobiliare;
  • l’articolo 32, comma 27 lettera (d) della Legge n. 326/2003 prevede che per le opere abusive non possa essere chiesta la sanatoria nel caso in cui l’immobile sia soggetto a vincoli imposti sulla base di eventuali leggi statali e regionali, che abbiano lo scopo di andare a tutelare gli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni paesaggistici od ambientali.

La decisione del TAR

Il caso preso in esame l’unità immobiliare faceva parte di un immobile più ampio, costruito anch’esso in maniera abusiva. Per lo stesso edificio erano state presentate quattro diverse domande di ricorso. Le istanze di sanatoria – anche se presentate separatamente una dall’altra – si riferivano in maniera chiara ed evidente ad un unico edificio. Che è stato costruito in maniera abusiva e con una volumetria complessiva pari a 1020 metri cubi. E che, soprattutto, ricade in un’area in cui vige la parziale inedificabilità.

I limiti di cubatura

Per quanto riguarda la natura stessa dell’immobile, che risulta essere unitaria, sostanzialmente la giurisprudenza risulta essere pacifica nel ritenere che:

Uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite massimo di volumetria previsto dall’ art. 39, comma 1 della Legge n. 724/1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima costruzione da considerarsi in senso unitario.

La legge sul condono edilizio del 2002 prevede, sostanzialmente, che la volumetria realizzata non debba essere superiore a 750 mc. cubatura che è stata ridotta a 600 mc dalla normativa regionale del Lazio. I limiti che abbiamo appena visto non sono derogabili né eludibili: devono obbligatoriamente essere rispettati per poter accedere alla sanatoria. Per fruire dei benefici derivanti dal condono, nel caso preso in esame, è necessario eseguire il calcolo parcellizzato che prenda in considerazione le singole unità abitative nelle quali l’edificio è suddiviso, o può suddividersi.

I giudici e gli uffici del comune, nel caso preso in esame, hanno sostanzialmente ritenuto ostativo l’accoglimento delle istanze, perché era stato superato il limite volumetrico di 600 mc previsto dall’articolo 3 della Legge Regionale n. 12/2024, e che si raggiungeva andando a sommare le dimensioni volumetriche delle varie unità abitative.

Il condono nelle aree vincolate

Il TAR, riferendosi ai vincoli che ruotano intorno ai condoni edilizi, ricorda che non risulta essere sanabile l’abuso edilizio effettuato in un’area vincolata, anche quando il vincolo sia stato apposto in un momento successivo rispetto a quello nel quale è stato realizzato l’intervento.

Nel momento in cui dovessero sussistere dei vincoli, che vanno a tutelare degli interessi particolari, questi sono degli elementi legislativi qualificati per ostacolare la sanabilità delle opere. I vincoli a tutela dei parchi e delle aree naturali protette costituiscono dei presupposti sufficienti per un provvedimento di diniego al condono. 

Realizzare nuove superfici o volumi in aree vincolate – indipendentemente dal tipo di vincolo – rende inapplicabile la disciplina del condono, così come è prevista dalla legge n. 326 del 2003 e dalla legge Regione Lazio n. 12 del 2004.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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