Il superbonus: tra competenza giurisdizionale e responsabilità di tecnico, asseveratore e soggetto che appone il visto di conformità

A chi spetta la competenza giurisdizionale in caso di controversie riguardanti il bonus?

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In una fase in cui tutti i decreti attuativi necessari per l’attuazione del superbonus sono stati pubblicati e siamo quindi pronti per procedere alle prime richieste di detrazione ed anche alle prime cessioni del credito vantato, numerosi sono i dubbi che affliggono gli operatori del settore ed anche i privati che vogliono beneficiare dello sgravio.

Tra le questioni più dibattute vi è certamente la questione collegata al riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo in caso di controversie collegate all’eventuale perdita del beneficio da parte del beneficiario.

La questione si inserisce in un solco già ben tracciato dalla Cassazione e ribadito recentemente dalla sentenza Cassazione Civile sezioni unite n. 16457/2020 e dalla richiamata sentenza  Cassazione civile I Sez. n. 24064 del 2019 secondo cui “il riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di contributi, finanziamenti e sovvenzioni pubblici, distingue l’ipotesi in cui l’erogazione sia prevista espressamente dalla legge e alla P .A. sia demandato esclusivamente il compito di controllare l’effettiva sussistenza dei 5 presupposti legali (appartenente alla giurisdizione ordinaria) da quelle (devolute alla giurisdizione amministrativa) in cui la legge attribuisce alla P.A. il potere di riconoscere il finanziamento, previa valutazione degli interessi pubblici privati in comparazione con il fondamentale interesse pubblico, apprezzando discrezionalmente “an, quid e quomodo” dell’erogazione. Anche in questo secondo caso, tuttavia, la posizione del soggetto finanziato è di interesse legittimo solo nella fase procedimentale anteriore all’emanazione del provvedimento attributivo del beneficio ovvero, nel caso in cui il provvedimento venga annullato o revocato in autotutela dalla P .A. per vizi di legittimità o contrasto con il pubblico interesse.

La posizione del beneficiario del contributo è invece di diritto soggettivo e come tale devoluta alla giurisdizione ordinaria, quando la controversia investe la fase esecutiva del rapporto e l’inadempimento del beneficiario agli obblighi assunti in forza del provvedimento di attribuzione (Sez. Un. 15/11/2016 n.26126; Sez.Un. 11/10/2016 n.20422)”.

Venendo al caso di specie dunque, nel Superbonus, in cui lo Stato si pone in sostanza come finanziatore dei privati, la distinzione tra giudice ordinario o amministrativo dipenderà dal motivo che sta dietro al diniego o alla revoca del bonus: se il diniego sarà collegato alla mancata osservanza di obblighi di legge (e nel superbonus ve ne sono molti) la competenza sarà del primo; se dipenderà da vizi di legittimità e la revoca avverrà in autotutela da parte della PA la competenza sarà invece del secondo.

Analogamente è bene ricordare come per il tecnico asseveratore da una parte (art.119 comma 14) sia stabilita la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione infedele resa oltre che l’obbligo di stipulare idonea polizza di assicurazione della responsabilita’  civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni  o  asseverazioni rilasciate e agli importi degli  interventi  oggetto  delle  predette attestazioni o asseverazioni e, comunque,  non  inferiore  a  500.000 euro, al fine di garantire ai propri  clienti  e  al  bilancio  dello Stato   il   risarcimento   dei   danni    eventualmente    provocati dall’attivita’ prestata, tenendo conto che l’infedeltà della asseverazione o dell’APE comporta anche la perdita del beneficio.

Ciò non toglie che il tecnico, e talvolta anche il privato committente, potranno essere perseguiti anche penalmente, qualora il loro comportamento sia configurabile come reato.

Se la norma tecnica del superbonus fa riferimento al solo tecnico asseveratore e attestatore, infatti, non si può che estendere una eventuale responsabilità penale, in analogia a quanto espresso dalla Cassazione penale in materia di falsità dell’APE fornito dal venditore in fase di compravendita.

Secondo la Cassazione infatti (sezione II Penale, sentenza 16644/2017) si configura come truffa contrattuale del venditore la presentazione all’acquirente di un APE che presenti dati errati e soprattutto migliori rispetto alla realtà dei fatti, e ciò a prescindere dalla responsabilità del tecnico, naturalmente configurabile anche essa.

Ad aggiungersi alle responsabilità suddette vi è infine anche la responsabilità di chi pone il visto di conformità, soggetto che ne rimarrà responsabile anche eventualmente con la propria polizza professionale (in tal senso circolare AE 24/2020).

Avv. Francesca Micheli

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Avv. Francesca Micheli

Francesca Micheli è avvocato del foro della Spezia. Esperta in diritto civile, della famiglia e delle successioni ha svolto negli anni numerosi corsi di formazione e convegni presso ordini professionali sia in aula che in modalità webinar, oltre a svolgere la libera professione nel proprio foro di appartenenza.

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