Scia edilizia, quando può essere annullata dopo dodici mesi

La Scia edilizia può essere annullata anche oltre i dodici mesi rispetto al suo rilascio, se ci sono stati dei comportamenti poco chiari del richiedente.

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La Scia edilizia può essere annullata anche a distanza di anni. È questo, in estrema sintesi, il giudizio espresso dal Consiglio di Stato che ha dipanato dubbi e perplessità dei tecnici sul termine dei dodici mesi previsto dall’articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990. La deadline, a questo punto, non è invalicabile come in molti ritenevano, ma sono previste delle eccezioni.

Un ruolo importante sulla possibilità o meno di annullare la segnalazione certificata di inizio attività anche dopo i dodici mesi è la condotta del privato che l’ha presentata, soprattutto quando non è completamente trasparente.

Quando la Scia edilizia può essere annullata d’ufficio

Oggi come oggi la Scia è uno degli strumenti più utilizzati nel mondo edilizio. È un’alternativa al permesso di costruire, ma non è un titolo blindato. Al contrario di quanto si possa sospettare può essere oggetto di autotutela, strumento che può essere utilizzato anche oltre i termini ordinari.

Sull’argomento è intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6891 del 4 agosto 2025, attraverso la quale sono stati forniti alcuni chiarimenti tra i rapporti che intercorrono tra la Scia e l’articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990.

Il caso preso in esame dai giudici della Suprema Corte riguarda dei lavori di manutenzione straordinari che sono stati avviati dopo la presentazione della Scia. L’intervento è stato effettuato all’interno di un immobile. Dopo dieci anni il Comune ha disposto l’annullamento in autotutela: è stata accertata la presenza di una seconda scala interna che non è stata mai dichiarata nelle relazioni tecniche e per la quale manca il collaudo statico.

Il proprietario dell’immobile ha prontamente impugnato il provvedimento: a suo parere è stato violato il termine dei dodici mesi previsto dall’articolo 21-nonies della Legge 241/1990. Il ricorso è stato respinto dal Tar ed è quindi arrivato al Consiglio di Stato.

La difesa dell’appellante

L’appellante ha negato, almeno in un primo momento, l’esistenza di una seconda scala. A seguito delle difese del Comune ha deciso di cambiare versione: ha iniziato a sostenere che la scala risultasse da una Dia del 2006. La discordanza, a suo parere, sarebbe stata imputabile ad un semplice difetto di rappresentazione grafica.

Le contraddizioni, secondo i giudici, sono decisive: la scala è chiaramente presente nelle planimetrie che sono state allegate alla Scia e nella comunicazione di fine lavori. Non è stata menzionata, però, all’interno delle relazioni di accompagnamento che sono state presentate dal tecnico incaricato. Questa mancanza non ha permesso al Comune di effettuare le verifiche statiche necessarie, causando un potenziale rischio per la pubblica incolumità.

Le norme di riferimento

La sentenza del Consiglio di Stato è particolarmente importante perché permette di soffermarsi un attimo sui rapporti che intercorrono tra la Scia edilizia e i poteri di autotutela della Pubblica Amministrazione.

Nel dettaglio, il più volte citato articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990 stabilisce espressamente che un provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo può essere annullato d’ufficio entro un termine ragionevole, che non deve superare, ad ogni modo, i dodici mesi (dalla sua approvazione). Siamo davanti ad una regola generale il cui scopo è quello di garantire la certezza nei rapporti giuridici: chi ha ottenuto un titolo abilitativo, dopo un anno dal suo ottenimento, dovrebbe poter confidare sulla sua stabilità.

La norma, ad ogni modo, contiene una serie di eccezioni, che possiamo riassumere come segue:

  • all’interno del comma 1 è stato fissato il termine ordinario di dodici mesi per annullare d’ufficio i provvedimenti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici;
  • grazie al comma 2-bis è possibile superare questo limite temporale. L’annullamento può arrivare anche oltre l’anno, nel caso in cui il titolo sia stato ottenuto con delle false rappresentazioni dei fatti o attraverso delle dichiarazioni mendaci. Le suddette condotte devono costituire reato e devono essere accertate con sentenza passata in giudicato.

A complicare leggermente la situazione ci si mette anche l’articolo 19 della stessa legge, il cui comma 4 stabilisce che l’amministrazione pubblica continua a conservare il potere di adottare dei provvedimenti inibitori o repressivi una volta superati i termini ordinari, ma devono continuare a sussistere le condizioni previste dall’articolo 21-nonies.

Questo significa, molto semplicemente, che la Scia non si consolida in modo automatico quando passano 30 o 60 giorni dalla sua presentazione. Ma continua ad essere esposta a dei controlli successivi nel caso in cui dovessero emergere delle irregolarità sostanziali.

Scia, cosa ha deciso il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il termine dei dodici mesi non opera nel momento in cui il titolo edilizio è stato ottenuto illegittimamente per delle condotte non veritiere del privato.

In questo contesto appare particolarmente rilevante porre l’accento su alcuni passaggi:

  • non è necessario un accertamento penale. Le irregolarità possono emergere direttamente dagli atti, quando sono stati ottenuti attraverso delle dichiarazioni false o incomplete;
  • errore dell’amministrazione e condotta del privato: il termine dei dodici mesi non diventa vincolante nel momento in cui l’errore è stato commesso dalla PA, non quando ci sono dei comportamenti omissivi da parte del dichiarante;
  • sorge un problema per la pubblica incolumità: la mancata segnalazione della seconda scala – nel caso specifico – non ha permesso al Comune di effettuare le verifiche statiche del caso;
  • argomentazioni infondate: nel caso preso in esame l’immobile – stando alla difesa – sarebbe stato costruito prima dell’entrata in vigore della Legge n. 1086/1971 e non presentava delle strutture in cemento armato. Le suddette affermazioni sono state ritenute prive di un qualsiasi supporto documentale.
Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo è un giornalista freelance. Ha una laurea in materie letterarie e ha iniziato ad occuparsi di Economia fin dal 2002, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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