Sanatoria e accertamento di conformità, le regole per la loro applicabilità

Sanatoria e accertamento di conformità, le regole per la loro applicabilità

Il Consiglio di Stato ha ribadito le regole e le norme che orbitano intorno alla sanatoria e all’accertamento di conformità. Ecco quali sono.

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Realizzare una serie di interventi edilizi può servire per ottenere la sanatoria? Un accordo sottoscritto tra l’amministrazione pubblica e il proprietario di un immobile, ai fini legali, può sostituire completamente un accertamento di conformità? Ma soprattutto, si può sperare nella regolarizzazione in un futuro prossimo di una qualsiasi opera nella vana possibilità che un domani possa essere ammissibile?

A fornire una risposta a queste domande ci ha pensato il Consiglio di Stato. Vediamo quale è il suo punto di vita.

Sanatoria ed accertamento di conformità

Con la sentenza n. 1648 del 25 febbraio 2025 il Consiglio di Stato ha fornito alcuni chiarimenti sui limiti dell’accertamento di conformità e, soprattutto, ha delineato quali debbano essere i confini dell’inammissibilità delle forme di sanatoria condizionata o che si basino, più semplicemente, su degli accordi con la pubblica amministrazione.

Indubbiamente uno dei nodi centrali sui quali verte la presa di posizione dei giudici della Suprema Corte è l’applicabilità del requisito della doppia conformità, identificato come un criterio statico e ricognitivo, che non può essere alterato da delle verifiche o da delle valutazioni effettuate in un secondo momento.

La sentenza poggia le sua basi sul procedimento di sanatoria previsto dall’articolo 36 del Dpr n. 380/2001 – ossia il Testo Unico Edilizia – e non si riferisce alla nuova sanatoria semplificata che è stata introdotta attraverso l’articolo 36-bis introdotto dalla Legge n. 105/2024, ossia il cosiddetto Decreto Salva Casa.

Cosa ricordare….

In questa sede è opportuno ricordare che attraverso il citato articolo 36-bis il legislatore, sostanzialmente, ha voluto semplificare le pratiche per ottenere la sanatoria degli abusi parziali e delle eventuali variazioni essenziali. Per centrare questo obiettivo ha previsto:

  • una riformulazione del requisito per ottenere la doppia conformità: la sanatoria semplificata, infatti, permette che sia asimmetrico;
  • la sanatoria condizionata;
  • che dopo 45 giorni dalla richiesta arrivi il silenzio-assenso;
  • che nel caso si sia in difetto di autorizzazione paesaggistica sia possibile ottenere la sanatoria; 
  • la possibilità di ottenere la sanatoria anche quando si sia in zona sismica.

Il caso preso in esame dal Consiglio di Stato è leggermente differente: il Comune ha deciso di rigettare l’istanza di permesso di costruire in sanatoria, che è stata presentata su un edificio utilizzato come ufficio. Il diniego è stato giustificato dall’amministrazione comunale con l’assenza del requisito della doppia conformità, a cui si aggiungeva l’impossibilità di avvalersi delle norme regionali per derogare quanto previsto dagli strumenti urbanistici.

Il punto di vista del ricorrente

La società ricorrente, a questo punto, ha presentato un appello sostenendo che il Comune avrebbe dovuto prendere in considerazione un accordo – possibilità prevista dall’articolo 11 della Legge n. 241/1990 – che avrebbe potuto portare ad una soluzione alternativa alla demolizione. Tesi che è stata rigettata dal Consiglio di Stato con le seguenti motivazioni:

  • non sono previste delle forme di sanatoria condizionata. Gli accertamenti di conformità non possono essere subordinati alla realizzazione di particolari interventi edilizi, tra le quali potrebbero rientrare l’eventuale demolizione delle parti non conformi o l’adeguamento dell’immobile alle normative che entreranno in vigore in futuro;
  • non è nemmeno prevista la cosiddetta sanatoria giurisprudenziale. Con questa locuzione i giudici della suprema corte si riferiscono ad un istituto di creazione pretoria la quale prevede, per regolarizzare l’abuso, la conformità alle norme urbanistico-edilizie che sono in vigore al momento della presentazione dell’istanza, senza che siano state rispettate quelle che erano vigenti al momento nel quale si realizza l’illecito. Utilizzata nel passato, questa ricostruzione normativa è stata superata dal tempo;
  • eventuali accordi sottoscritti con l’amministrazione comunale non possono sostituire l’accertamento di conformità. In nessun caso la sanatoria edilizia è una materia negoziabile: per ottenerla, infatti, è necessario un atto vincolato che può essere rilasciato solo a fronte di particolari requisiti normativi.

I giudici della Suprema Corte, proprio su quest’ultimo punto, hanno richiamato la sentenza n. 101/2013, attraverso la quale la Corte Costituzionale ha ribadito che la sanatoria edilizia non possa essere utilizzata per regolarizzare eventuali opere che fossero in contrasto con gli strumenti urbanistici che erano in vigore nel momento in cui gli abusi venivano regolarizzati.

Sanatoria e doppia conformità

La sentenza, infine, si sofferma sul tema della doppia conformità e sulla sua corretta interpretazione, che costituisce uno dei temi più importanti – se non quello essenziale – per riuscire ad ottenere la sanatoria edilizia ordinaria.

Secondo l’appellante, l’immobile per il quale aveva chiesto la sanatoria avrebbe potuto essere stato ritenuto conforme nel caso in cui fosse stato attivato un procedimento urbanistico di variante semplificata ai sensi dell’articolo 8 del Dpr n. 160/2010. I giudici della Suprema Corte non concordano con questa interpretazione e hanno chiarito che:

  • nel momento in cui viene realizzata l’opera e quando viene presentata la richiesta di sanatoria deve sussistere la doppia conformità. Non è sufficiente che l’intervento sia assentibile nel caso in cui dovessero essere effettuate delle modifiche alle regole in un momento successivo;
  • è importante la valenza statica e ricognitiva degli accertamenti di conformità. Le verifiche si limitano ad accertare che l’opera rispetti gli strumenti urbanistici che sono in vigore nelle due diverse fasi che vengono considerate.

La sentenza, in altre parole, ribadisce che la sanatoria non è un condono mascherato.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo è un giornalista freelance. Ha una laurea in materie letterarie e ha iniziato ad occuparsi di Economia fin dal 2002, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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