Come cambia lo “stato legittimo” grazie al Salva Casa

Come cambia lo stato legittimo grazie al Salva Casa

Lo stato legittimo di un immobile può essere dedotto indirettamente, grazie alla documentazione relativa all’immobile. Cosa cambia con il Salva Casa.

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Una delle situazioni in cui si possono trovare tecnici e proprietari immobiliari è l’impossibilità, da parte della Pubblica amministrazione, di riuscire a reperire la licenza edilizia. Il fatto che la documentazione non sia disponibile, non permette, almeno in linea teorica, di dichiarare la legittimità edilizia di un edificio. Spesso e volentieri i problemi coinvolgono immobili che sono stati realizzati molto indietro nel tempo.

Muovendosi in questo più ampio contesto, in quale modo le disposizioni introdotte dal DL n. 69/2024 “Salva Casa” possono impattare in questi casi? E quando sono stati aperti dei contenziosi giudiziari, quale impatto avrà il nuovo decreto?

Salva Casa, il Tar interviene sullo “stato legittimo”

A fare il punto della situazione ci ha pensato il Tar Lazio con la sentenza n. 4983 del 10 marzo 2025, attraverso la quale è stata risolta una controversia relativa ad un edificio bifamiliare, che è stato costruito nel corso degli anni ‘70 e per il quale, nel 1972, era stata rilasciata una regolare licenza edilizia.

Mentre era in corso una procedura di vendita e ristrutturazione, i proprietari hanno chiesto copia del titolo edilizio. Nel fornire la propria risposta, il Comune ha segnalato di non essere in grado di reperire la licenza originaria ed ha aggiunto che era impossibilitato a dichiarare la legittimità dell’immobile, ritenendolo – anche se solo implicitamente – irregolare.

Il caso è particolare perché, benché il titolo originario fosse andato perduto, i ricorrenti erano riusciti a ricostruire in modo puntuale e dettagliato l’iter autorizzativo. Avevano prodotto i seguenti documenti:

  • domanda e progetto;
  • pareri favorevoli;
  • autorizzazione all’abitabilità;
  • una certificazione comunale del 1985, attraverso la quale era stato certificato il rilascio della licenza edilizia del 1972.

A fronte di una così ampia e dettagliata documentazione, il Comune decide di rigettare l’istanza, giustificando la decisione con la mancanza di un ipotetico nulla osta paesaggistico, per il quale non è stata effettuata alcuna verifica concreta.

Si presuppone il vizio di istruttoria

Il ricorso è stato accolto dal Tar che ha riconosciuto come il provvedimento comunale fosse illegittimo per difetto di istruttoria e motivazione. A favore dei ricorrenti c’era, infatti, un’ampia documentazione – nella quale era presente anche una certificazione dello stesso Comune – che serviva a dimostrare come il titolo edilizio originario fosse regolare.

La sentenza – ed è forse proprio questo il punto più innovativo – ha rivolto un invito al Comune: prendere in considerazione la normativa che è appena stata varata. E in particolare, dare uno sguardo al comma 1-bis dell’articolo 9 del Dpr 380/2001, che è stato inserito all’interno del Decreto Legge Salva Casa:

Le disposizioni relative allo stato legittimo dell’immobile […] si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

A questo punto il Tar ha chiarito che benché la disposizione sia entrata in vigore in un momento successivo rispetto a quando è stato avviato il giudizio, può essere applicato anche a fatti risalenti, ma deve esserci un contenzioso in corso e una nuova valutazione da parte dell’amministrazione pubblica.

Cosa prevede il DL “Salva Casa”

Il decreto Salva Casa ha aggiornato l’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia, che adesso permette di dimostrare lo stato legittimo di un immobile, anche quando il titolo edilizio rilasciato originariamente è andato perduto. Ma deve esistere un principio di prova, che può essere costituito da degli atti d’archivio, delle certificazioni comunali, della documentazione tecnica o delle dichiarazioni sostitutive.

Vige, in altre parole, il principio della semplificazione amministrativa, seconda la quale non spetta al cittadino o al tecnico fornire delle risposte allo smarrimento della documentazione da parte dell’amministrazione. Purché, ovviamente, il fatto che il titolo manchi non sia sinonimo di un abuso, ma risulti essere coerente con degli altri documenti e da vari elementi storici.

Nel quarto e quinto periodo del citato comma 1-bis viene spiegato che:

lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Questo significa, in altre parole, che nel caso preso in esame, la documentazione che è stata fornita dal proprietario è sufficiente a dimostrare lo stato legittimo.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo è un giornalista freelance. Ha una laurea in materie letterarie e ha iniziato ad occuparsi di Economia fin dal 2002, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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