L’ordine di demolizione deve essere preciso, puntuale e soprattutto motivato. Il Comune, prima di procedere con una sanzione di questo tipo, ha degli obblighi e dei limiti ben precisi entro i quali si deve muovere. Anche quando non è a conoscenza che esiste della documentazione attraverso la quale si possa dimostrare la regolarità dell’immobile.
A fare il punto della situazione sulla materia ci ha pensato il Tar del Lazio attraverso la sentenza n. 9631 del 20 maggio 2025, con la quale ha fatto il punto su due temi relativi agli abusi edilizi:
- l’ordine di demolizione deve essere motivato puntualmente in relazione alle consistenza degli interventi e delle opere che sono stati contestati e alla loro qualificazione come abusivi:
- deve essere individuato il soggetto a cui spetta l’onere di dimostrare ufficialmente a quando risalgono le opere.
Ordine di demolizione e onere della prova
La presa di posizione del Tar del Lazio parte da un caso concreto: un istante chiedeva l’annullamento di un ordine di demolizione che aveva come oggetto:
- una soppalcatura, che è stata realizzata in un vano abitativo con parapetto metallico e struttura in legno;
- un ampliamento di superficie abitabile, realizzato a seguito della chiusura di un piano di copertura dell’immobile. La nuova area è stata realizzata sopra un vano scala condominiale.
Il Comune ha ritenuto le suddette opere abusive e per questo motivo ha predisposto l’ordine di demolizione ai sensi dell’articolo 31 del Dpr n. 380/2021, ossia il Testo Unico Edilizia. Di parere contrario sono stati fin da subito i proprietari dell’immobile, che hanno ritenuto illegittimo l’ordine di demolizione per i seguenti motivi:
- i manufatti erano stati descritti all’interno della documentazione catastale che risaliva al 1946;
- al momento dell’acquisto era stata comunicata la variazione catastale e la documentazione era stata recepita attraverso la planimetria che era stata allegata all’atto di compravendita;
- il Comune ha contestato delle opere che devono considerarsi antecedenti al 1° settembre 1967, da quando è necessario applicare il regime autorizzativo;
- l’ordine di demolizione conteneva un difetto: mancava la motivazione. L’amministrazione comunale, infatti, non ha fornito una descrizione precisa e dettagliata dell’intervento, ma soprattutto non ha valutato la documentazione che è stata presentata.
L’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi
L’ordine di demolizione – stando a quanto previsto dall’articolo 31 del Dpr n. 380/2021 – è un provvedimento attraverso il quale si impone di ripristinare lo stato dei luoghi, nel caso in cui siano state realizzate delle opere abusive.
Perché il provvedimento risulti legittimo, ad ogni modo, è necessario che l’amministrazione competente:
- provveda ad accertare e descriva in modo dettagliato la consistenza dell’abuso;
- dia conto dell’istruttoria che ha effettuato;
- prenda nella dovuta considerazione gli elementi che vengono offerti dal privato e che vengono presentati per supportare la datazione pregressa dell’intervento. E che servono, soprattutto, per l’applicabilità della normativa che era vigente nel momento in cui si sono verificati gli avvenimenti.
Non deve essere dimenticato, inoltre, l’articolo 3 della Legge n. 241/1990, attraverso il quale viene imposto l’obbligo di motivare qualsiasi provvedimento amministrativo. Tra l’altro l’onere della prova della data di realizzazione delle opere edilizie è in capo al proprietario: quest’ultimo deve dimostrare il momento in cui sono stati realizzati gli interventi attraverso delle presunzioni precise e concordanti, tra le quali ci sono:
- risultanze catastali;
- atti pubblici;
- relazioni tecniche;
- fotografie d’epoca.
Quando un ordine di demolizione è illegittimo
Il Tar del Lazio ha deciso di accogliere il ricorso. Il provvedimento emesso dal Comune, infatti, risultava carente sotto due distinti aspetti:
- le motivazioni dell’ordine di demolizione risultavano inadeguate. L’amministrazione comunale ha fornito una descrizione generica delle opere: non ha fornito degli elementi essenziali per indicarle. La realizzazione di un soppalco può rientrare tra gli interventi minori, che possono essere effettuati in edilizia libera nel momento in cui non comporta un aumento della superficie o un aggravio del carico urbanistico. Per valutare la sua consistenza è necessaria un’istruttoria precisa e dettagliata;
- il Comune non ha preso in considerazione gli elementi probatori che sono stati presentati dai ricorrenti, che avevano assolto all’onere della prova della preesistenza delle opere. Era stata, infatti, allegata la planimetria catastale del 1946, quella contenuta nell’atto di compravendita, una perizia tecnica di parte e una documentazione fotografica a supporto.
Secondo il Tar Lazio il silenzio dell’amministrazione sulla documentazione presentata è illogico, perché avrebbero dovuto esser presi in considerazione e valutati all’interno dell’istruttoria, anche perché costituivano un potenziale elemento di esclusione dell’abusività delle opere, perché erano state realizzate in epoca anteriore al 1° settembre 1967.
L’ordine di demolizione è stato annullato, perché non è stato fondato su degli accertamenti specifici. Ma soprattutto era privo di riferimenti agli elementi probatori rilevanti che gli stessi proprietari avevano fornito.