Per diventare CTU sarà obbligatorio seguire un corso e superare un esame

Gara pubblica, tra le cause di esclusione non sempre rientrano gli illeciti professionali

Al vaglio la proposta di legge attraverso la quale potrebbe essere introdotto l’obbligo di superare un esame per iscriversi all’albo dei CTU.

Tempo di lettura:3 Minuti

Con ogni probabilità sarà necessario seguire e superare un percorso formativo strutturato per diventare Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Il condizionale, almeno per il momento, è ancora d’obbligo, perché la novità è contenuta all’interno di un disegno che è stato presentato in Senato ben due anni fà e che, proprio in questi giorni, sarebbe al vaglio della Commissione Giustizia, presso la quale si starebbero tenendo una serie di audizioni.

Il disegno di legge attualmente in esame prevederebbe un corso base propedeutico a seguito del quale sarebbe possibile iscriversi all’albo CTU, che dovrebbe essere seguito dai professionisti che sono iscritti agli ordini dei geometri, ingegneri ed architetti.

CTU, quali sono le criticità messe in evidenza?

Il CTU – ossia il Consulente Tecnico d’Ufficio – è un professionista che viene nominato da un giudice ed il cui compito è quello di fornire una serie di valutazioni tecniche nel momento in cui si deve affrontare un processo. L’attività principale di questo tecnico è quella di chiarire quali siano gli aspetti specialistici che si devono affrontare nel corso delle cause penali e civili. Il suo ruolo è fondamentale per il giudice, perché sul suo operato può formulare una decisione giudiziaria.

Al momento per diventare ufficialmente un CTU è sufficiente presentare una semplice domanda al tribunale, alla quale il richiedente deve allegare la documentazione attraverso la quale possa attestare l’iscrizione ad un ordine professionale e le competenze che ha dichiarato.

A parte la presentazione della semplice richiesta, il professionista non è tenuto ad effettuare alcun tipo di esame di accesso o una verifica delle sue capacità. Questo potrebbe portare alla nomina di consulenti non preparati, che potrebbero avere degli impatti negativi sui vari procedimenti.

Cosa prevede il disegno di legge

Con il disegno si legge si vuole colmare questo vuoto normativo: si ha intenzione di istituire un corso di formazione teorico-pratico obbligatorio, che dovrà essere seguito da ingegneri, architetti e geometri che siano iscritti da almeno tre anni ad un ordine professionale.

I corsi prevedono almeno 12 mesi di formazione con un minimo di 200 ore complessive. Dovrebbero essere istituiti presso ogni tribunale a numero chiuso e con cadenza semestrale.

Per potersi iscrivere all’albo dei CTU i corsi, oltre a seguire obbligatoriamente il corso, devono superare un esame orale. Una volta effettuata l’iscrizione all’albo, i professionisti sono obbligati a seguire degli aggiornamenti triennali.

Dietro a questo disegno di legge c’è un’esigenza ben precisa e delineata: quella di elevare la qualità delle consulenze tecniche nel corso dei vari procedimenti giudiziari. Quanti stanno promuovendo i corsi per i CTU, infatti, ritengono che l’attuale meccanismo di selezione – che si basa unicamente sulla documentazione presentata dal singolo tecnico – non permette di verificare quali sia la reale competenza del professionista. L’obiettivo del corso è quello di formare delle figure professionali più preparate e che, soprattutto, siano più consapevoli del ruolo che devono ricoprire.

La necessità di un equo compenso

Sono diverse le criticità che sono a monte delle attività dei professionisti che lavorano nel settore. Nel corso di un’audizione che si è tenuta alla Commissione Giustizia del Senato, Massimo Crusi, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, ha apprezzato l’intento del Parlamento di rafforzare il ruolo del CTU. Ma allo stesso tempo ha puntato il dito contro una serie di nodi che sarebbe necessario affrontare.

Uno dei più importanti, indubbiamente, è la formazione tecnico-giuridica, che deve essere specifica ed uniforme. Crusi ritiene che sia fondamentale riuscire a garantire una preparazione adeguata in tutta Italia, in modo da ridurre il più possibile il rischio di errori e innalzare la qualità delle consulenze.

Altro nodo da affrontare è quello relativo al ruolo degli ordini provinciali, che potrebbero gestire direttamente la formazione.

Non bisogna poi dimenticare che i compensi siano realmente commisurati al lavoro che il professionista sta svolgendo. Su questo punto il CNAPPC concorda con la proposta di legare il compenso dell’attività effettivamente colto, andando ad eliminare le distorsioni che sono state introdotte nel 2015, che hanno portato, tra le altre cose, ad un legame tra l’onorario e l’esito delle vendite immobiliari.

È necessario, infine, che i compensi siano liquidati in tempi certi, in modo da evitare che si registrino dei ritardi o che i compensi per gli incarichi svolti non arrivino.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo è un giornalista freelance. Ha una laurea in materie letterarie e ha iniziato ad occuparsi di Economia fin dal 2002, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *