Perché per una nuova costruzione possa arrivare il condono è necessario che l’immobile abbia il requisito della residenzialità. Questo è quanto previsto ai sensi della ex Legge n. 326/2003, la quale, tra l’altro, prevede che per ottenere la regolarizzazione dello stesso non debbano essere analizzate in maniera individuale le singole unità immobiliari delle quali si compone l’intero edificio.
Quando l’edificio è una costruzione mista – all’interno del quale sono presenti dei locali commerciali e delle unità residenziali – il diniego della sanatoria diventa legittimo ai sensi della ex Legge n. 326/2003, il cosiddetto Terzo Condono Edilizio.
Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo cosa prevede la normativa.
Condono edilizio, l’importanza del requisito della residenzialità
A fare il punto della situazione su questo argomento ci ha pensato il Tar della Campania attraverso la sentenza n. 1850 del 7 marzo 2025, con la quale ha provveduto a respingere il ricorso proposto per annullare il rifiuto di concedere il condono ex Legge n. 326/2003 per un immobile nel quale insistono due locali commerciali al piano terra e due unità immobiliari residenziali poste al primo piano.
Per l’edificio oggetto del contendere il Comune ha contestato il superamento dei limiti volumetrici che sono previsti dalla Legge n. 326/2003 necessari per la concessione del necessario titolo. Ha inoltre messo in evidenza che:
L’istanza di condono afferisce ad immobile con destinazione mista, pertanto suscettibile ai limiti previsti dei 750 mc.
Di parere diverso, invece, sono i ricorrenti, che hanno sottolineato come gli immobili residenziali, invece, avessero un volume complessivo pari a 705 metri cubi, che rimaneva ben al di sotto dei 750 metri cubi previsti per ogni singola unità abitativa. Il volume complessivo dei locali commerciali, invece, risultava essere di 2.000 metri cubi: in questo caso, però, non è previsto un limite massimo specifico a cui fare riferimento per questa tipologia, anche se, in linea teorica, si potrebbe fare riferimento ad una soglia volumetrica massima di 3.000 metri cubi.
L’edificio, complessivamente parlando, ha un volume di 2.705 metri cubi, ben al di sotto del limite massimo che è stato previsto dall’articolo 32, comma 25, Legge n. 326/2003.
Ampliamento e nuova costruzione, le differenze
A questo punto è necessario richiamare quanto previsto dalla normativa sul 3° Condono Edilizio, che si applica a tutti gli immobili che sono stati definiti entro il 31 marzo 2004, per i quali è necessaria fare una distinzione ben precisa, a seconda che si trattino di:
- ampliamenti di edifici già esistenti;
- nuove costruzioni.
Nel primo caso (quello degli ampliamenti) è stato posto il limite del 30% del volume aggiuntivo o dei 750 metri cubi di ampliamento, indipendentemente dalla destinazione d’uso. Quando, invece, siamo davanti al secondo caso è necessario prendere in considerazione quanto segue:
- il limite massimo di 750 metri cubi per ogni singola richiesta di titolo abilitativo in sanatoria;
- il limite complessivo deve essere pari a 3.000 metri cubi di volume;
- è necessario che l’immobile sia di tipo residenziale.
I criteri per ottenere il condono
Il Tar ha deciso di respingere il ricorso, sottolineando che la normativa in vigore prevede che:
- non possa essere richiesto il condono per gli ampliamenti di costruzioni che esistono già senza effettuare una distinzione sulla loro destinazione d’uso;
- è stato ridotto, dal legislatore, l’ambito di operatività della disciplina eccezionale in vigore in precedenza: i nuovi limiti sono stati posti per preservare i vincoli che sono stati introdotti per tutelare il territorio. Sono stati, in altre parole, bilanciati l’interesse al recupero della legalità violata e le ragioni di finanza pubblica emergenti;
- nel novero degli abusi minori – come sono stati definiti dall’articolo 32, comma 25, del Decreto Legge n. 269/2003 – non vi rientrano le costruzioni con destinazione non residenziale;
- per le nuove costruzioni abusive è stato introdotto il limite della destinazione residenziale;
- per le opere con destinazione non residenziale il condono può arrivare per le sole ipotesi di opere che costituiscano un ampliamento entro i limiti della cubatura prevista. Non è previsto alcun tipo di riferimento alla destinazione abitativa o meno, a differenza di quanto è stato previsto per le nuove costruzione.
Nuove costruzioni miste: non è previsto il condono
Tornando al caso specifico, il Tar ha sottolineato che il condono aveva come oggetto un unico manufatto, che, tra l’altro, costituisce una nuova costruzione mista – non siamo, quindi, davanti ad un ampliamento – che è composta da delle abitazioni al primo piano e da dei locali commerciali. Questi ultimi non rispettano il requisito della residenzialità richiesto dalla normativa in vigore.
Il Tar, quindi, ha deciso di respingere il ricorso. La domanda non poteva essere accolta, considerando il fatto che gli immobili ubicati al pianterreno non hanno destinazione residenziale. E, soprattutto, sono configurabili come nuova costruzione.