Il condono edilizio, in area vincolata, vale solo per le opere minori. Non è prevista, infatti, la deroga ad eventuali vincoli di inedificabilità, nemmeno quando non è presente un piano particolareggiato, perché non è stato approvato. La situazione non rende nemmeno legittima un’eventuale istanza di condono per abusi maggiori ai sensi della Legge n. 326/2003.
Su questo argomento, in più occasioni, è intervenuta la Corte Costituzionale che ha fornito delle interpretazioni molto strette sulla normativa relativa al condono. Nelle loro sentenze i giudici si sono soffermati soprattutto su quelli che possono essere considerati i limiti della sanatoria, che prevederebbe:
L’individuazione da parte della legge dello Stato delle fattispecie ad essa assoggettabili, di modo che le stesse non possono essere comunque ampliate o interpretate estensivamente dalla legislazione regionale.
Inserendosi su quella stessa linea interpretativa, l’articolo 32, comma 27 del Decreto Legge n. 269/2003 – anche noto come Terzo Condono Edilizio – la Corte Costituzionale ha fornito delle indicazioni precise e dettagliate su quelle che sono, a tutti gli effetti, le opere per le quali non è possibile chiedere la sanatoria. In altre parole sono stati definiti dei limiti indefinibili del condono, entro i quali può muoversi a propria discrezione il legislatore.
Il condono edilizio in area vincolata
A fare il punto della situazione del condono edilizio in area vincolata ci ha pensato il Consiglio di Stato attraverso la sentenza n. 9733 del 4 dicembre 2024. I giudici hanno respinto un appello contro un provvedimento di rigetto per un’istanza di condono. Il diniego è arrivato ai sensi delle seguenti leggi:
- la n. 326/2003;
- la n. 308/2004.
La richiesta di condono edilizio riguardava un manufatto di 36 metri quadrati, realizzato come sopraelevazione di un immobile.
L’istante riteneva che il fatto che preesisteva un vincolo paesaggistico rispetto all’abuso fosse irrilevante. L’intervento è stato realizzato in conformità allo strumento urbanistico, dato che l’amministrazione pubblica non aveva provveduto ad approvare un piano particolareggiato dell’area.
A mettersi di traverso alle speranze dell’istante ci aveva già pensato il Tar, che aveva rigettato il ricorso. In questo caso i giudici avevano specificato che non erano rinvenibili i presupposti previsti dall’ex articolo 32, comma 27, lettera d) del Decreto Legge n. 269/2003 relativo al condono di opere in area già soggetta a vincolo paesaggistico. Nel caso preso in esame non siamo davanti ad un’opera minore, perché sono state realizzate delle nuove superfici e una nuova planimetria.
L’inutilità della Soprintendenza
Passata la palla al Consiglio di Stato, i giudici hanno messo in evidenza come il provvedimento oggetto del contendere avesse carattere vincolato. Ma non solo: è accompagnato da una motivazione congrua per i seguenti motivi:
- sono carenti i presupposti per accogliere l’istanza di condono;
- viene rispettato l’obbligo di ripristino perché il manufatto insiste in un’area soggetta a vincolo paesaggistico.
Non può nemmeno essere accolta la tesi secondo la quale l’amministrazione comunale avrebbe commesso un errore nel non inviare la documentazione alla Soprintendenza dei beni culturali.
Per quanto riguarda la sanatoria, il Consiglio di Stato ha ricordato che alla disciplina prevista dal Terzo Condono in ambiente paesaggisticamente isolato, viene attribuito – ai sensi dell’articolo 32, comma 27, lettera d), del Decreto Legge n. 269/2003 -:
carattere ostativo alla sanatoria anche in presenza di vincoli che non comportino l’inedificabilità assoluta.
Nel caso che è stato analizzato dai giudici viene completamente esclusa la presenza di opere minori, determinando, in estrema sintesi, la carenza dei presupposti per ottenere il titolo abilitativo ai sensi della legge sui condoni. Il comune, quindi, si è comportato in maniera corretta non provvedendo a trasmettere gli atti alla Soprintendenza.
A questo punto è bene ricordare che l’articolo 6 della Legge n. 241/1990 ha attribuito direttamente al responsabile del procedimento la responsabilità di attribuire la necessità o meno di assolvere a degli adempimenti di carattere istruttorio, i quali, nel caso preso in esame, risultano essere completamente superflui dato che è evidente l’impossibilità di ottenere il condono.
L’interpretazione sulla legge relativa al condono edilizio
Nel caso preso in esame, tra l’altro, non è possibile prendere in considerazione la presunta edificabilità dell’area nei termini stabiliti dall’articolo 9 del Dpr n. 380/2001, nemmeno se viene combinato con la legislazione regionale. Su questo argomento la Corte Costituzionale ha confermato che:
La disciplina contenuta nell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 ha subito una radicale modificazione, soprattutto attraverso il riconoscimento alle Regioni del potere di modulare l’ampiezza del condono edilizio in relazione alla quantità e alla tipologia degli abusi sanabili, ferma restando la spettanza al legislatore statale della potestà di individuare la portata massima del condono edilizio straordinario, attraverso la definizione sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, sia delle volumetrie massime sanabili.
One thought on “Il condono edilizio in area vincolata vale solo per le opere minori”