I limiti volumetrici devono essere calcolati sull’intero fabbricato non sulle singole unità immobiliari: nel momento in cui viene presentata un’istanza di condono è opportuno ricordare questa regola di base. Questo significa, in altre parole, che, per una villa plurifamiliare, l’eventuale autonomia catastale e il fatto che le diverse unità abitative vengano utilizzate in modo indipendente non risulta essere sufficienti per superare il fatto che la costruzione sia stata realizzata in modo unitario. E, quindi, non diventano elementi di importanza preponderante rispetto alla volumetria.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire meglio.
Condono, non si possono eludere i limiti volumetrici
A fare il punto della situazione sui limiti delle richieste di condono ci ha pensato il Tar del Lazio, attraverso la sentenza n. 3895 del 21 febbraio 2025, che ha respinto il ricorso di un istante che chiedeva l’annullamento del diniego di un condono edilizio che era stato deciso da un’amministrazione comunale. L’unità immobile oggetto della richiesta ha una volumetria di 398,37 mc.
La richiesta per sanare l’immobile era stata presentata nel 2004 e si basava sull’articolo 32 del Decreto Legge 269/2003 – il cosiddetto Terzo Condono Edilizio -, che, nel caso preso in esame, a livello regionale era stato ulteriormente disciplinato dalla L.r. Lazio n. 12/2004. L’amministrazione comunale, ad ogni modo, aveva deciso di respingere l’istanza di condono perché la domanda si andava a sommare ad altre quattro richieste collegate ad altrettante unità immobiliari che sono presenti all’interno dello stesso edificio. Complessivamente veniva raggiunta una volumetria pari a 1660,67 mc, che superava i limiti previsti dalla normativa vigente in quel momento.
Il punto di vista della ricorrente
L’istante non condivide il punto di vista del Comune: l’immobile, per il quale è stata presentata la richiesta di sanatoria, è parte di un fabbricato residenziale, che è caratterizzato da due unità immobiliari distinte tra loro a livello catastale:
- una che si sviluppa al piano terra e al primo, che ha una volumetria complessiva di 446,15 mc;
- la seconda che occupa parte del primo piano e del secondo, che appartiene ad un altro proprietario, con una volumetria complessiva pari a 387,37 mc.
Complessivamente il fabbricato ha, quindi, una cubatura pari a 833,52 mc, valore ben al di sotto di quello condonabile.
Secondo la ricorrente, l’errore del Comune sarebbe stato quello di aver preso in considerazione anche un’ulteriore unità immobiliare, che è collocata all’interno di una particella catastale differente, ma costruita in aderenza al fabbricato per il quale è stato presentata istanza di condono.
È proprio questo il punto contestato dalla ricorrente: i due edifici, secondo la sua interpretazione, devono essere considerati come autonomi e distinti sotto ogni profilo. Sono separati da un muto di cemento di 80 centimetri di larghezza, ma, soprattutto, sono dotati di ingressi indipendenti e con numeri civici differenti. Inoltre hanno degli allacci fognari completamente separati.
Condono, cosa prevede la normativa
Prima di emettere la propria sentenza il Tar del Lazio ha richiamato l’articolo 2, comma 1 lettera b) della Legge Regionale del Lazio n. 12/2004, attraverso il quale vengono disciplinati i limiti di volumetria della sanatoria edilizia. La norma, che abbiamo appena citato, prevede esplicitamente che possono essere condonate le:
Opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che:
1. non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi nel suo complesso i 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
2. non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi nel suo complesso i 600 metri cubi, nel caso in cui non si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza.
Quello previsto dalla normativa, in estrema sintesi, costituisce un limite massimo complessivo, che non può essere aggirato attraverso delle suddivisioni fittizie dell’edificio in unità più piccole attraverso la presentazione di domanda di condono separate.
Condono edilizio e frazionamento artificioso
I giudici del Tar del Lazio hanno sottolineato come la prassi di suddividere una costruzione in più unità immobiliari è, a tutti gli effetti, un frazionamento artificioso utile per rientrare nei limiti volumetrici previsti dalla normativa per richiedere il condono.
Il rifiuto opposto dall’amministrazione comunale è motivato dal superamento della volumetria massima consentita, che deve essere calcolata tenendo conto dell’intero edificio, che è, a tutti gli effetti, un’unica costruzione.
Secondo il Tar:
- la distinta registrazione catastale o l’eventuale autonomia funzionale non sono sufficienti per escludere il fatto che si sia davanti ad un unico edificio;
- quando si effettua un intervento edilizio lo stesso deve essere valutato nel suo complesso, prendendo in considerazione la volumetria complessiva dell’immobile;
- non è possibile considerare in modo isolato le singole domande di condono nel caso in cui si riferiscano ad un unico manufatto.