Condono edilizio, le tempistiche per integrare i documenti

Condono edilizio, le tempistiche per integrare i documenti

Una recente sentenza del Tar Campania ha ricordato che per integrare i documenti per la richiesta di condono la tempistica è tre mesi.

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L’inerzia della Pubblica Amministrazione nel fornire delle risposte alle pratiche di condono sono un problema per tecnici e proprietari immobiliari. Quando poi la pratica è carente sotto il profilo documentale, i tempi certi sfumano nella nebbia, soprattutto quando ci sono continue richieste di integrazioni da parte degli uffici preposti.

Situazioni che diventano farsa se non addirittura paradossali quando, dopo un’attesa durata la bellezza di trent’anni, il Comune decide di respingere l’istanza di condono perché il richiedente non ottempera entro 10 giorni a una nuova richiesta. Da sottolineare, comunque vada, che quest’ultimo termine non trova alcun tipo di giustificazione nella normativa condonistica, che mette a disposizione dei cittadini un numero di giorni decisamente superiori.

Le tempistiche per integrare i documenti

Ad intervenire su questo argomento è il Tar Campania attraverso la sentenza n. 3082 dell’11 aprile 2025, con la quale è intervenuto su un procedimento relativo a tre domande di condono edilizio, che un privato aveva presentato ai sensi della Legge n. 724/1994 – ossia il cosiddetto Secondo Condono Edilizio -. Le pratiche sono state avviate nel corso del mese di marzo 1995. L’amministrazione comunale, in tutti questi anni, ha richiesto alcune integrazioni documentali, a cui i richiedenti hanno sempre dato seguito. Dopo una serie di atti e donazioni i proprietari dell’immobile sono cambiati, ma hanno continuato a fornire quanto richiesto dal Comune.

Benché i proprietari si siano fatti parte attiva nel soddisfare le richieste dell’amministrazione pubblica e abbiano provveduto a comunicare formalmente il subentro, per alcuni decenni la pratica è rimasta ferma sul tavolo senza essere evasa. Almeno fino a quando uno dei ricorrenti – nell’estremo tentativo di concludere definitivamente una volta per tutte la pratica – ha inviato una diffida formale. Dopo l’apertura di un primo contenzioso, il Tar era intervenuto imponendo al Comune di provvedere.

Con molta calma, nel 2024, il Comune ha deciso di riattivare la pratica, chiedendo dei nuovi documenti, ma imponendo un termine massimo di 10 giorni per adempiere. I ricorrenti hanno chiesto una proroga, per la quale non c’è stato alcun riscontro. Hanno poi trasmesso la documentazione mancante via Pec.

Il Comune ha rigettato la richiesta di condono, giustificando la propria decisione per carenza documentale.

Pratica di condono, quali sono i termini ufficiali

Una delle motivazioni per le quali il Tar ha deciso di accogliere il ricorso è l’assegnazione di un termine troppo breve per presentare la documentazione integrativa.

Le norme relative al Secondo Condono Edilizio – nello specifico l’articolo 39, comma 4, della Legge n. 724/1994 – prevede che gli uffici preposti concedano un termine di almeno tre mesi per presentare la documentazione integrativa richiesta. In caso contrario la domanda non può essere processata.

Il termine dei tre mesi è perentorio per la Pubblica Amministrazione, che non può concedere dei tempi più brevi. Qualsiasi prassi contraria ai termini previsti è in netto contrasto con quelle che sono le normative relative al condono, il cui scopo principale è quello di favorire – con il giusto equilibrio – la definizione degli abusi edilizi e permettere che vengano sanati.

Nel caso preso in esame il Comune ha concesso solo 10 giorni, benché:

  • la pratica fosse manifestamente vetusta, essendo stata avviata nel 1995, e complessa;
  • nel passato la stessa amministrazione non si fosse espressa e fosse rimasta in silenzio;
  • le difficoltà oggettive nel reperire la documentazione dopo tutto quel tempo.

Il giudice ha ritenuto che la disciplina speciale fosse stata violata in maniera evidente. I richiedenti, anche se fuori dal tempo massimo, hanno inviato i documenti richiesti tramite Pec, dimostrando il proprio impegno collaborativo. Fattore che rende sproporzionata la decisione del Comune di chiudere la pratica con un diniego.

Non arriva il condono per silenzio-assenso

Il Tar non ha dato ragione ai richiedenti sulla possibile formazione del silenzio-assenso, perché l’immobile insiste in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Il silenzio-assenso sulla domanda di condono, in questo caso, può maturare solo quando sopraggiunge un parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Pierpaolo Molinengo

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Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo è un giornalista freelance. Ha una laurea in materie letterarie e ha iniziato ad occuparsi di Economia fin dal 2002, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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