Bonus edilizi, cosa succede se il committente recede dal contratto d’appalto

Cosa succede se il committente recede dal contratto d’appalto per dei lavori connessi con le agevolazioni previste dai bonus edilizi?

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La gestione dei bonus edilizi comporta una serie di adempimenti da parte del committente e dell’impresa edile che effettua i lavori. L’esecuzione degli interventi, come si sa, è un’operazione molto delicata, che deve essere effettuata con la massima cura. Si parte dalla scelta dell’esecutore, che deve essere affidabile, e prosegue verificando la correttezza del suo operato.

Quando poi devono essere gestiti dei bonus edilizi, nella stesura del contratto per l’esecuzione dei lavori, è possibile che le parti decidano di sottoscrivere delle clausole apposite per regolare gli aspetti più propriamente edilizi su quelli fiscali.

Il contratto d’appalto e i bonus edilizi

Uno dei timori che accomuna molti committenti, quando scelgono un costruttore, è quello di essere abbandonati. Questa paura ha una conseguenza ben precisa: mette in dubbio la spettanza delle agevolazioni e può determinare la sottoscrizione di un contratto di appalto con alcune precisazioni relative all’erogazione dei corrispettivi che spettano agli esecutori dei lavori.

Nella maggior parte dei casi possono sussistere dei problemi di tipo finanziario, dato che il committente potrebbe trovarsi nella situazione di non essere in grado di saldare le fatture di tasca propria. Quelli che abbiamo elencato costituiscono alcuni dei motivi per i quali i soggetti che incaricano un’impresa di eseguire dei lavori agevolabili con i bonus edilizi decidano di tutelarsi in via preventiva. E che decidano di subordinare il pagamento dei lavori alla reale possibilità di cedere il credito d’imposta che matura grazie ai vari bonus edilizi.

Queste clausole possono essere sottoscritte o meno dall’appaltatore. Una volta accettate, comunque, a determinare l’effettivo svolgersi dei rapporti tra le parti è proprio la chiarezza delle clausole sottoscritte che potrebbero avere delle pesanti conseguenze sull’evolversi di futuri contenziosi che potrebbero sorgere.

A fare il punto della situazione proprio sulle clausole sottoscritte tra committente e appaltatore è la sentenza n. 512 del 20 febbraio 2024 emanata dal Tribunale di Verona che è intervenuta sulla volontà del committente di sciogliere unilateralmente il contratto, opportunità prevista dagli accordi sottoscritti, ma che potrebbe far venire meno la loro validità.

Nel caso preso in esame si riesce a delineare una situazione ben precisa: in caso di potenziali intoppi, la strada da seguire è determinata dal modo in cui è stato strutturato il contratto d’appalto. E, nella maggior parte delle situazioni, il recesso unilaterale non costituisce la soluzione migliore.

Come devono essere interpretate le clausole per i bonus edilizi

Stabilire, all’interno di un contratto, delle clausole attraverso le quali siano determinati i rispettivi obblighi al buon esito delle pratiche fiscale legate ai bonus edilizi si può rivelare un’arma a doppio taglio. Ma soprattutto scriverle in maniera precipitosa con l’unico obiettivo di tutelarsi, può determinare degli esiti non sempre fortunati e che, soprattutto, possono aprire la porta a delle incomprensioni che possono portare davanti a un giudice.

In altre parole, più le clausole inserite all’interno del contratto risultano essere imprecise e maggiore è la possibilità che le parti le possano interpretare in maniera liberamente.

Il Tribunale di Verona, a febbraio, ha preso in esame un caso che costituisce un valido esempio di come l’interpretazione di una stessa clausola possa cambiare in base a chi la sta leggendo.

Il parere dei giudici di Verona

Nella questione affrontata dai giudici veronesi, un committente aveva chiesto l’annullamento del decreto ingiuntivo attraverso il quale veniva imposto a un’impresa appaltatrice di pagare il corrispettivo di alcune opere di demolizione che erano state realizzate. Il committente aveva contestato che non dovesse versare nulla all’impresa: il pagamento è ritenuto inesigibile sulla base di un clausola inserita all’interno del contratto. Nello specifico veniva previsto – in maniera molto generica – che:

Il pagamento del corrispettivo dei lavori di cui al presente contratto è subordinato all’accettazione del finanziamento di cui al Superbonus ed Ecosismabonus. 

La scelta di inserire questa clausola era dettata dal fatto che il committente non aveva a disposizione la liquidità necessaria per pagare le opere date in appalto. Per effettuare questa operazione era necessario attendere la cessione del credito che sarebbe scaturita dai vari bonus edilizi richiesti.

La banca a cui il committente si era affidato per cedere il credito d’imposta aveva rifiutato la pratica dando una valutazione negativa dell’impresa a cui erano stati affidati i lavori.

Committente e appaltatore non sono concordi nell’interpretazione della locuzione: accettazione del finanziamento. Ci si deve riferire a una effettiva monetizzazione o è possibile darvi un’interpretazione più elastica?

Bonus edilizia, la risoluzione del contratto

La vicenda giudiziaria apre la porta ad un altro importante tema. Il rifiuto della banca ad accettare il credito d’imposta a lavori eseguiti da una determinata azienda, ha portato il committente a recedere unilateralmente dal contratto d’appalto, in modo da poter scegliere un’altra impresa gradita alla banca.

Una mossa che ha comportato il diniego – da parte del Tribunale di Verona – delle sue pretese. I giudici non hanno voluto entrare nel merito circa la corretta interpretazione della clausola, che è ritenuta completamente ininfluente a seguito del recesso unilaterale. Le legge, infatti, prevede che:

A prescindere dall’interpretazione da dare a tale clausola (nel senso che essa intendesse condizionare il pagamento del corrispettivo alla concessione del credito d’imposta o alla sola verifica positiva dei requisiti preliminari per l’accesso al bonus), è infatti evidente che il presupposto per la sua operatività è la persistente vigenza del contratto nei rapporti tra le parti.

Nel caso in cui il contratto cessa di esistere decadono anche le clausole. L’ art. 1671 del Codice civile comporta – nel caso in cui si dovesse recedere unilateralmente da un contratto d’appalto – che il committente sia obbligato a indennizzare l’appaltatore per quanto ha realizzato. Il giudice, quindi, ha dato ragione all’impresa, confermando l’obbligo di pagamento da parte del committente.

Pierpaolo Molinengo

Autore

Pierpaolo Molinengo

Ho una laurea in materie letterarie. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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